Dossier Puglia - I formaggi pugliesi e la Strada Europea

 

Uno dei motivi che stanno all’origine della così ricca produzione di latticini della regione pugliese, è storicamente individuato nell’atavica abitudine alimentare che vedeva nel “pane e cacio” il cibo abituale e quotidiano della gente di campagna. La produzione casearia si divide in due grandi settori: i formaggi freschi, da consumare rapidamente e i formaggi stagionati.


BURRATA


Nel panorama composito della produzione casearia pugliese la burrata si distingue soprattutto per l’estrema deperibilità. Questa e non altra è la ragione che ne preclude in sostanza la degustazione alla grandissima maggioranza dei consumatori.




I tempi di consumazione, infatti, sono estremamente brevi; per apprezzarne tutta la fragranza occorrerebbe mangiarla entro ventiquattro ore, ma gli esperti ammettono che si possa conservare per due-tre giorni in frigorifero. Per fortuna il progresso delle comunicazioni consente oggi approvvigionamenti che hanno del miracoloso: la “Cooperativa caseificio pugliese” di Corato si è organizzata per far avere la burrata fresca di un giorno a clienti residenti a Torino e perfino a New York.


Alla base del prodotto c’è il latte di vacca con l’aggiunta di caglio liquido: la prassi esige che la cagliata sia divisa in parallelepipedi lungi cinquanta centimetri circa, i lucini. Il casaro ne taglia un pezzo per poi distenderlo, aiutandosi con acqua calda, allo scopo di ricavarne una specie di palloncino consistente, idoneo a contenere tanti brandelli della stessa pasta filata in una massa di panna densa e fresca. Qualche differenza di sapore viene dalla scelta della panna: alcune piccole aziende adoperano la crema di latte, più dolce e meno grassa, invece di quella ricavata dalla scrematura del siero.

Riempito il palloncino, non resta che chiuderlo alla sommità con un laccio perché la burrata sia pronta per il consumo.

Merita di essere segnalato il progressivo rimpicciolimento delle confezioni: per venire incontro alle richieste del mercato, i produttori mettono da qualche tempo in commercio “pezzi” da trecento e perfino da duecento grammi (burratine) in luogo delle burrate tradizionali, ben più consistenti. La burrata messa in vendita senza l’involucro esterno, contenuta in apposite vaschette, prende il nome di stracciatella.


La burrata, in un pranzo tipicamente pugliese, apre la sfilata degli antipasti, presentata sia nella versione tipica della sacca di formaggio sia con il solo ripieno raccolto in una terrina di maiolica, da raccogliere a cucchiaiate. Nel consumo familiare però è di per sé un pasto sostanzioso e un valido sostituto della pietanza.



BURRINO O MANTECA


Le manteche o burrini pugliesi sono simili ad altre produzioni che con lo stesso nome caratterizzano l’arte casearia delle regioni meridionali, dal Molise alla Basilicata, dalla Campania alla Puglia.

Si tratta di un involucro di pasta filata del tipo provolone chiuso attorno a una noce di burro purissimo. L’aspetto esterno è quello di un piccolo caciocavallo, perché il casaro lavora la forma in modo da poterla legare alla sommità unendola in coppia a un’altra per la stagionatura, molto breve, appesa a una pertica. Oggi manteche e burrini rappresentano una specialità a sé, ma sono in origine un sottoprodotto della lavorazione del caciocavallo e appartengono alla tradizione dei casari di Sannicandro Garganico, Gioia del Colle e Ginosa.

La manteca o burrino compare in genere nel vassoio dei formaggi al dessert, che in Puglia è sempre accompagnato da verdure fresche, soprattutto finocchi e sedani.




CANESTRATO PUGLIESE


Formaggio tipico e inconfondibile, giustamente insignito della denominazione d’origine protetta dall’Unione Europea. Lo fanno sempre con latte di pecora i casari della provincia di Foggia e di qualche comune prossimo appartenente alla provincia di Bari. Negli ultimi anni la produzione è sensibilmente diminuita non soltanto per le mutate scelte del pubblico, ma anche per l’incremento dei costi. Il nome viene senza alcun dubbio dai canestri di giunco in cui era posto dopo l’aggiunta del caglio. Si è detto che fosse il formaggio simbolo della transumanza, tradizionalmente prodotto dai pastori che all’inizio dell’autunno scendevano dall’Abruzzo al Tavoliere. Il latte era e dovrebbe essere ancora oggi ovino, munto da pecore di razza gentile o merinos.


È un formaggio a pasta dura, compatta e friabile (quando è stagionato), occhiatura appena percepibile, crosta marrone tendente al giallo intenso, marcato sapore piccante. Caratteristica è la rugosità prodotta dal canestro. Le forme in commercio variano di dimensione e di peso: si va dai due ai quindici chilogrammi, con tempi di stagionatura tra i due e i dieci mesi. È indicato per il consumo da tavola e come formaggio da grattugia.



MOZZARELLA PUGLIESE


I produttori pugliesi negano in via di principio che la mozzarella debba necessariamente farsi con il latte di bufala e parlano con fierezza delle trecce, delle scamorze e dei nodini che quotidianamente mettono sul mercato. Fatta di latte vaccino con aggiunta di caglio ovino, la mozzarella pugliese ha caratteristiche assolutamente analoghe a quelle di tutti gli altri formaggi con questo nome prodotti nel Meridione.



PALLONE DI GRAVINA


Tra i formaggi a pasta filata, nella cui produzione la Puglia è maestra, va senza dubbio segnalato questo particolarissimo prodotto. Si tratta di un provolone che ha la forma di un vero e proprio pallone.


È una delle specialità più ricercate per la buona qualità.



PRIMO SALE


Formaggio fresco con pasta morbida e ancora intrisa di siero. Il sapore è gradevolmente dolciastro e leggermente acidulo. Confezionato in forme da cinquecento grammi o da un chilogrammo.



RICOTTA FORTE


Prodotto tipico pugliese e della vicina Basilicata, la ricotta forte viene reiteratamente irrobustita da una lunga fermentazione e da appropriate aggiunte di sale. La forma ottenuta con questo procedimento fermenta in luogo ventilato e fresco, contenuta in appropriate tine di legno. Il processo dura dai tre ai quattro mesi, durante i quali il prodotto, a intervalli di quindici giorni, è rimescolato e lavorato in modo da favorire l’attività dei fermenti naturali del latte; nel frattempo l’umidità è in gran parte assorbita dal legno dei tini. Al termine la ricotta forte si presenta come un impasto cremoso e soffice da distribuire negli appositi contenitori in plastica che hanno ormai sostituito le antiche fuscelle.


Nel dialetto del luogo, questo particolarissimo latticino è conosciuto anche come ricotta schianta, ascekuand o più semplicemente schiant. Per un processo accelerato di preparazione la ricotta viene manipolata anche con aceto o fermentata con pepe e ridotta a crema. Particolarmente qualificata quella di Putignano e Altamura.


È un formaggio invernale usato per condire piatti di pastasciutta da solo o insieme alla salsa di pomodoro.



RICOTTA MARZOTICA


Ha caratteristiche in qualche misura analoghe a quelle della ricotta forte e prende nome, come è facile supporre, dalla stagione che i casari da sempre scelgono per produrla, l’inizio della primavera, quando le pecore e le capre delle Murge cominciano a brucare il tenero foraggio primaverile e forniscono il latte più ricco e saporito. L’itinerario della marzotica non passa peraltro dai tini di legno: il prodotto è arricchito di sale ed è pronto dopo un mese di stagionatura, quando sulla crosta si è formata una leggera muffa. La forma è tonda, di peso variabile da uno a due chilogrammi e in qualche caso, per una migliore conservazione, sottoposta a una leggera affumicatura. Il sapore è lievemente piccante. La ricotta marzotica era una volta conservata tra foglie molto aromatiche al pari di altri prodotti caseari che la tradizione voleva esposti al pubblico avvolti in verdeggianti involucri.




La marzotica è d’abitudine consumata come normale formaggio all’antipasto o al dessert, ma frequente è l’impiego come ingrediente di diverse preparazioni culinarie, soprattutto grattugiata su primi piatti o utilizzata per rinvigorire il ripieno, per esempio, delle «brasciole», gli involtini di carne cucinati in un ricco sugo che si accompagnano alle orecchiette.




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