Lo spreco alimentare

 


Se c’è uno spreco che ci indigna è quello alimentare, non solo che perché implica delle spese per essere riciclato, (a meno che non ci si affidi ai cinghiali,Roma docet, che, pur essendo perfettamente ecologici, implicano altri problemi), ma anche perché rende inutili tutte le fatiche e le energie che sono state impiegate per produrre a portare fino a noi tali cibi ed per la considerazione di quanti hanno penuria di cibo, non solo nel terzo mondo, ma ora anche da noi.

Per avere un’idea dell’enorme quantità di cibo sprecato, basti pensare che più di un terzo del cibo prodotto per consumo umano in tutto il mondo viene perso o sprecato ogni anno si stima, circa a 2.5 miliardi di tonnellate (WWF, 2021),ciò significa che in un anno sprechiamo circa 79 tonnellate di cibo al secondo.

E’ necessario quindi che non solo vengano attuate indicazioni per aiutarci a non sprecare gli alimenti, ma anche che ciascuno di noi senta la responsabilità di questo comportamento sbagliato e che offende chi non può permettersi il cibo.

Ovviamente questo riguarda in primis le Aziende di produzione e di trasformazione degli alimentari ed i ristoranti, visto le quantità rimanenti, ma anche tutti noi.

Per quanto riguarda le prime, in genere usano metodi di recupero naturale, ma questo è un processo molto lungo, perciò molte si stanno attrezzando con sistemi di di compostaggio un prodotto perfettamente biocompatibile, ottenendo inoltre un calore che può essere recuperato per fornire energia elettrica.

Per quanto riguarda la GDO, ci sono diverse organizzazioni che raccolgono gli alimenti prossimi alla scadenza, per una commercializzazione parallela (es: too good to go) o per beneficenza, come la Fondazione Banco Alimentare ma spesso vediamo all’interno dei supermercati anche offerte speciali di questi prodotti; bisogna adesso che ci si abitui a non considerarli prodotti di scarsa qualità.

Per saper se un cibo è ancora commestibile, spesso basta esaminarne l’aspetto, l’odore o eventualmente assaggiarlo; comunque preziose sono anche le etichette alimentari obbligatorie per i cibi confezionati; esse riportano: la denominazione dell’alimento (con eventualmente una spiegazione, nel caso il nome non sia comune), gli ingredienti contenuti e quelli che possono provocare allergie o intolleranze (segnalati con un carattere grafico diverso: attenzione non sempre viene indicato chiaramente che sono potenziali allergeni, se non con questa simbologia grafica!), la quantità degli ingredienti e il peso netto, il termine minimo di conservazione o la data di scadenza, le condizioni di conservazione e le istruzioni d’uso, i riferimenti del produttore e distributore, il paese d’origine quando previsto.

In particolare è importante l’indicazione dell’Operatore del Settore Alimentare (OSA) cioè l’Azienda che ha prodotto l’alimento e che quindi ne garantisce le qualità e ne è responsabile.



Vi possono poi essere ulteriori marchi come quello a forma di foglia, , che indica che il prodotto proviene da Agricoltura Biologica o quelli che indicano la caratteristica DOP IGP ecc .

Particolarmente importante è la distinzione fra Termine Minimo di Conservazione (TMC) e Data di Scadenza (DDS); il primo infatti indica semplicemente il termine entro il quale un cibo conservato in maniere adeguata conserva tutte le qualità alimentari; ciò non toglie che possa presentare queste qualità ancora per qualche tempo, se conservato in maniera ideale, o comunque essere tranquillamente mangiato. Sarà semplicemente necessaria una particolare attenzione, come sopra indicato.

Assai diversa è invece l’indicazione di scadenza, che viene normalmente indicata con la dizione “da consumarsi entro…” dopo tale data infatti il cibo non è più considerato commestibile e potrebbe essere un rischio per la salute. Dopo questa data infatti l’alimento non può essere venduto né donato.

Dopo la lettura dell’etichetta ed il controllo delle qualità effettuato in prima persona, dovremmo essere in grado di decidere se utilizzarlo o no.

Ma potrebbe capitare che l’alimento non si presenti come perfetto o sia comunque perfettamente commestibile quindi potremo decidere varie soluzioni: ad esempio per la frutta potremmo fare delle gustose marmellate o conserve per la verdura, mentre per gli altri cibi, ogni massaia o cuoco sa come fare, ma se avete voglia di approfondire l’argomento, esiste un aureo libretto (rintracciabile in biblioteca): “L’Arte di utilizzare gli avanzi in cucina” di Olindo Guerrini (sì, proprio il poeta romagnolo amico di Carducci!).

Riporto solo una ricetta: quello dello “sgonfiotto di cioccolata”, suggerito per utilizzare le chiare d’uovo che rimangono quando si usano i tuorli:

Sbattete 100 gr. di cioccolata grattugiata in una chiara d’uovo finchè sia ridotta ad una pastella densa. Aggiungete un’altra chiara e due cucchiai di zucchero, sbattendo sempre per mezz’ora e mescolatevi la neve di tre chiare incorporate con 70 gr. di zucchero. Cuocete al fornoin un piatto che regga. Il forno sia molto caldo, se no la neve smonta”.(Personalmente uso meno zucchero, ma è squisito!).

Tutto questo per utilizzare nel modo migliore il cibo che già abbiamo, ma evidentemente il problema è anche a monte, riguarda cioè la strategia d’acquisto: dobbiamo valutare con più attenzione la conservabilità degli alimenti, il probabile uso che ne faremo e la disponibilità di adeguati spazi nel frigorifero domestico.

Gianluigi Pagano

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