Dossier Slovenia - Capodistria e la storia romana e bizantina

 


Gli inizi nell’età del bronzo

I primi insediamenti nel Capodistriano risalgono alla media età del bronzo (II millennio a.C.), quando fanno la loro comparsa di castellieri. La cultura dei castellieri, diffusa soprattutto tra le tribù illiriche degli Istri, persiste fino all’arrivo dei Romani (178/177 a. C.) e alla fondazione della colonia di Tergeste (l’odierna Trieste). L’arrivo dei Romani portò gli abitanti a scendere dalle alture e a prediligere gli insediamenti nella pianura costiera che offrivano maggiori opportunità di sviluppo rurale. Un ruolo importante inizia ad essere ricoperto da due coltivazioni particolarmente impegnative, l’ulivo e la vite, che diventano proprio in quest’epoca le colture tradizionali dell’entroterra Capodistriano.


L’età romana

L’insediamento romano di Aegida, situato secondo alcuni storici alle pendici del Sermino nei pressi della foce del Risano, secondo altri invece sull’isola rocciosa dove sorse poi Capodistria, è citato già da Plinio il Vecchio nella sua Historia Naturalis. L’avamposto commerciale di Aegida divenne, dopo l’occupazione romana, un importante emporio – nel II e nel I sec. a.C. le popolazioni romanizzate iniziarono a sviluppare l’insediamento che presto divenne, secondo lo schema tipico dell’amministrazione provinciale romana, un oppidum civium Romanorum.


I pochi reperti romani risalenti alla tarda epoca repubblicana rappresentano la più antica testimonianza dell’insediamento umano sull’isola, all’epoca detta Caprae o Capris. Dai resti qui rinvenuti si evince che la popolazione era dedita soprattutto alla pesca, alla raccolta dei molluschi, all’arte della lana, alla lavorazione dei metalli, alla produzione di pentolame in ceramica e vetro; dall’odierna Italia settentrionale venivano invece importate le ceramiche fini, le lampade ad olio e le anfore.


Le fonti storiche sull’Istria in epoca romana sono scarse. Ai tempi di Augusto l’Istria formava, insieme al Veneto, un’unità territoriale e amministrativa detta decima regio che è poi confluita, seppur con qualche modifica, nella provincia tardoromana Venetia et Histria. Il confine dei possedimenti romani in Istria correva dapprima lungo il fiume Risano (Formio), poi lungo il fiume Arsia. L’entroterra Capodistriano era costellato di villae rusticae, mentre risulta quantomeno probabile che sull’isola si trovassero più edifici di carattere culturale. Nonostante la sua posizione ottimale per i fiorenti commerci tra Aquileia e Parenzo (Parentium), Capris probabilmente non assurse mai alla dignità di municipio romano, rimanendo un oppidum legato al centro coloniale di Tergeste che ha continuato a rappresentare, fino alla fine dell’età imperiale, il centro economico e amministrativo della provincia.


Periodo tardoantico

Nel periodo tardoantico l’importanza dell’insediamento crebbe – l’odierna Capodistria divenne, infatti, una delle roccaforti di approvvigionamento del sistema difensivo del Carso (claustra Alpium Iuliarum). Tuttavia, la situazione incerta durante il V secolo, periodo di grandi migrazioni, costrinse le popolazioni continentali a spingersi verso la zona costiera e l’isola – quest’ultima acquisì allora i tratti tipici di una città tardoantica. I reperti confermano la presenza di truppe militari sull’isola capodistriana nel periodo a ridosso tra il IV e il V secolo, dimostrando al contempo il sempre più importante ruolo strategico e difensivo dell’insediamento, ma anche uno sviluppo demografico dovuto all’afflusso di migranti da territori contigui e più remoti.


Capodistria sotto il dominio bizantino

In seguito alla lunga guerra gotica, verso la metà del VI secolo l’Istria divenne, insieme all’Italia, una provincia bizantina. Più tardi, dopo la conquista dell’Italia settentrionale e centrale da parte dei Longobardi nella seconda metà del VI secolo, fu istituita una nuova forma di governo con un più marcato carattere militare che avrebbe dovuto rafforzare il potere difensivo di Bisanzio nelle province periferiche. In quest’ambito fu istituito l’esarcato di Ravenna o d’Italia, con sede a Ravenna, e l’Istria ne divenne una delle province a statuto speciale. La suddivisione amministrativa del territorio prevedeva alcune città maggiori e alcuni insediamenti secondari (castra castella). Tra gli insediamenti della costa istriana, un anonimo geografo ravennate menziona nella sua opera Cosmographia (VII sec.; lo scritto si rifà tuttavia a fonti più antiche del V e del VI sec.) anche Pirano e Capris (Capodistria).


Le prime fonti scritte su Capodistria risalgono al 599 – papa Gregorio I parla nelle sue lettere di un insediamento urbano detto Caprae e Inslula Capritana. I cronisti e gli storici fanno risalire la fondazione di Capodistria alla seconda metà del VI secolo, riconducendola all’imperatore bizantino Giustino II che concesse agli istriani la costruzione di una città, Justinopolis.


Lo status di Capodistria, all’epoca già definita “città” dai cronisti bizantini, era in gran parte dovuto alla presenza del vescovo quale alto rappresentante della Chiesa. Papa Gregorio I, seguendo i principi della propria politica e in contrasto con i canoni ecclesiastici, concesse a Capodistria l’istituzione della curia vescovile (599), ma soltanto in via temporanea. La leggenda vuole che il primo vescovo, nominato già nel 524, fosse San Nazario. Al suo arrivo e alla sua opera tra i fedeli andrebbero attribuiti numerosi miracoli; è per questo motivo che verso la fine del XIV secolo la sua figura divenne oggetto di culto.


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