Terre del Sud (Calabria) - Eurovinum : l'Azienda Agricola Maradei a Saracena

 




La rete internazionale Borghi d'Europa promuove il progetto “L'Europa delle scienze e della cultura” patrocinato dalla IAI - Iniziativa Adriatico Jonica, Forum Intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico-jonica.

Il Percorso Internazionale Eurovinum – “Il Paesaggio della Vite e del Vino”, intende scoprire i contenuti storici e culturali che si nascondono dietro la produzione del vino; viaggi nel paesaggio della vite e del vino, scoprendo itinerari noti ed altri quasi sconosciuti, tra personaggi protagonisti, con tanti giovani interpreti o tenaci donne del vino, ma sempre privilegiando la terra ancor prima delle cantine.

Il tema del 2022 è tutto centrato sui vini naturali.

La Calabria è stata la prima regione 'intenzionata' dai giornalisti e dai comunicatori di Borghi d'Europa.

I giornalisti e i comunicatori di Borghi d'Europa incontrano l'azienda agricola Maradei

di Saracena, al Live Wines di Milano.

"Il vino e l’olio sono stati da sempre la principale passione della mia famiglia - racconta Vittoria Maradei -.Dopo una pausa di alcuni anni, l’azienda è rinata negli anni Ottanta per volontà mia e di mio marito e oggi prosegue grazie alle nostre quattro figlie. Abbiamo ricominciato con il biologico consapevoli che la ripresa potesse avvenire solo all’insegna della qualità, per poi iniziare la conversione al biodinamico nel 2014"

L’Azienda Maradei si estende tra i comuni di Saracena, Firmo e Lungro, territorio compreso tra il Parco Nazionale del Pollino e l’alto Sybaris. Il territorio, con le sue tradizioni e le sue contraddizioni, con la sua cultura e con l’atmosfera della sua natura incontaminata si esprime al meglio nella coltura dell’ulivo e della vite.

"Coniugando tradizione e innovazione produciamo nel frantoio aziendale l’eccellente olio extravergine di oliva e nelle vecchie cantine di famiglia, ubicate nel cuore del centro storico arabo-bizantino di Saracena, pregiati vini naturali. I vitigni autoctoni da noi coltivati sono: guarnaccia bianca, malvasia bianca e nera, magliocco dolce e moscatello di Saracena. Con queste varietà produciamo, oltre al famoso “Moscato Passito di Saracena”, sei diverse etichette di vino: tre bianchi, due rossi ed un rosato."



Due parole.....

Saracena è un comune italiano di 3 673 abitanti, situato nella parte settentrionale della provincia di Cosenza in Calabria.

Si vuole che Saracena discenda dall'antica Sestio, fondata dagli Enotri, come riferiscono Strabone, Stefano di Bisanzio e Padre Giovanni Fiore da Cropani, il quale, nella sua “Della Calabria illustrata”, così parla di Saracena: “Terra antichissima, è la medesima, che già fiorì col nome di Sestio, edificata dagli Enotri. [...] Fu ella la sesta Terra edificata da Enotrio Arcade in Calabria, cinquecento sessanta anni prima della Guerra Troiana, e perciò fu denominata Sestio”.

Strabone e Stefano di Bisanzio vengono citati entrambi dall'abate Giovan Battista Pacichelli nel suo “Il Regno di Napoli in prospettiva” (1703), dove, parlando di Saracena, dice: “Non può dubitarsi, che sia questa Terra l'antica Città di Sestio, numerata da Strabone, e da Stefano Bizanzio trà le molte altre degl'Enotrii...”. Pacichelli nella sua opera, pubblicata postuma, riporta anche i censimenti fiscali, e, per quanto riguarda Saracena, aggiunge: “Stà numerata detta Terra per fuochi trecento settanta trè, ripiena di Nobili, e ricchi Abitanti, & ornata con molte fabriche cospicue di Palaggi, e di Chiese, frà le quali ve ne sono tre Parrocchiali...”.

Secondo i calcoli del suddetto Padre Fiore, Sestio sarebbe stata fondata nell'anno della Creazione 2256 (1744 a.C.), e nel 900 circa dell'era cristiana venne conquistata dai Saraceni, i quali vi stabilirono una loro colonia. Successivamente, sempre secondo il Fiore, l'esercito imperiale di Costantinopoli assalì e distrusse la città, mettendo in fuga i pochi superstiti guidati da una donna ignuda e scapigliata avvolta in un lenzuolo.

Il ricordo di questa leggenda è raffigurato in un antico affresco visibile sul frontespizio della cappella di S. Antonio e su un polittico cinquecentesco conservato nella sacrestia della chiesa di S. Maria del Gamio, ed inoltre nel timbro comunale e nel gonfalone di Saracena, sul quale viene ritratta una donna che fugge, avvolta in un lenzuolo, con intorno la scritta: “Universitas terrae Saracinae”.

Ricostruita la città, in un sito poco distante (quello attuale) e più difendibile da improvvisi attacchi esterni, ha inizio il periodo bizantino, le cui prime influenze culturali e sociali possono essere fatte risalire all'ottavo secolo con l'azione del monachesimo greco, inserito nel più vasto fenomeno delle esperienze monastiche del Mercurion. Nel X secolo l'amministrazione bizantina creerà il Catepanato d'Italia, che includeva l'intero territorio della Calabria.

Sviluppi e dominazioni

Il nuovo paese, sorto intorno al castello baronale, cinto di mura (ormai distrutte o inglobate nei muri delle abitazioni) e fortificato con quattro porte (Porta del Vaglio, Porta S. Pietro, Porta Nuova e Porta dello Scarano), con l'arrivo dei Normanni, avvenuto nella seconda metà dell'XI secolo, diventò dominio feudale.

In quest'epoca, cioè a cavallo tra i secoli XI e XII, è probabile altresì che cominci ad essere utilizzato il nuovo nome del borgo, il cui sviluppo urbanistico e demografico è tale da farlo figurare, nel 1275, al quarto posto per popolazione nella diocesi di Cassano all'Jonio, con 3.585 abitanti.

Nel XIV secolo il toponimo con il quale veniva indicata la località era Castrum Sarracene, mentre all'inizio del 1500 il luogo era conosciuto come alla Saracena.

Il Feudo di Saracena appartenne inizialmente ai Duchi di S. Marco e ad altri feudatari, tra i quali Guglielmo Pallotta e Filippo Sangineto di Altomonte, quindi, a partire dalla seconda metà del XIV secolo, alla casata dei Sanseverino, dapprima come conti e duchi e in seguito con il rango di Principi di Bisignano, che lo conservarono per più di duecento anni. Verso la fine dell'anno 1600 fu acquistato all'asta pubblica, per 45.000 ducati, dai Gaetani d'Aragona, duchi di Laurenzana, i quali, nel 1613, lo cedettero ai Signori Pescara di Diano. Con regio assenso del 26 marzo 1718, e per 102.000 ducati, il Feudo di Saracena passò a Francesco Maria Spinelli, 8º Principe di Scalea. Il dominio degli Spinelli, come baroni della città, durò fino al 1806, anno in cui, per volere di Napoleone Bonaparte, fu emanata la legge eversiva della feudalità, con la quale questa veniva abolita.

Nel corso del Risorgimento, Saracena, pur essendo una piccola comunità, fu molto attiva sul fronte patriottico ed antiborbonico. In paese era infatti esistente una sezione della Giovine Italia, denominata “Chiesa del Garga”. Ne facevano parte Stanislao Lamenza, Gaetano De Paola, Leone Forestieri, Antonio Prioli, Francesco Pompilio e Leone Ricca. Antonio Prioli, condannato a sette anni di ferri per motivi politici, morì in carcere il 29 aprile 1855. La sua figura venne ricordata da Luigi Settembrini nell'opera postuma Ricordanze della mia vita. Stanislao Lamenza, dopo aver trascorso diversi anni in prigione per causa politica, partecipò alla Spedizione dei Mille e perse la vita a Palermo, combattendo, con il grado di maggiore, contro i soldati del Regno delle Due Sicilie. Leone Ricca, dopo aver a sua volta scontato un periodo di condanna “ai ferri nei bagni” per reati politici, si impegnò nell'allestimento della Guardia Nazionale. Nel 1863 gli venne conferita, in qualità di Capitano nei Volontari dell'Italia Meridionale, la Medaglia in Argento al valor militare, per il “valore dimostrato il primo Ottobre 1860 sotto Capua”. Di Leone Ricca rimane anche una interessante corrispondenza epistolare intercorsa con Giuseppe Garibaldi.[10] Il figlio di Leone Ricca, Giovan Battista, ricevette a sua volta una medaglia come combattente nella guerra del 1866 contro gli Austriaci.

Nei primi anni del nuovo millennio Saracena è stata insignita del titolo di “Città garibaldina”.




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