BOLOGNA CITTA’ UNESCO: ANCHE PER I PORTICI!

 




Bologna è certamente un unicum sotto vari aspetti, uno dei quali è quello di essere “Città creativa della musica”, come è stato riconosciuto fin dal 2006 dall’Unesco, che ha concesso questo titolo alla Città. Infatti sono infiniti i meriti di Bologna in questo campo: basti pensare alle importanti Istituzioni di primo piano quali il Teatro Comunale, il Museo internazionale e biblioteca della musica, il Conservatorio, il Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università e l’Accademia Filarmonica, fondata nel 1666,' che divenne importante luogo di aggregazione musicale, vantando frequentazioni come quella di Corelli, Farinelli e lo stesso Mozart. Un vanto della Città sono le prestigiose stagioni di musica classica, ma anche agli appuntamenti nel campo della musica contemporanea, al jazz suonato nei locali live, alle rassegne pensate per i bambini, alla presenza di cantautori e gruppi giovanili e tanto altro, che compongono un panorama musicale unico.

Tuttavia quando si parla di Bologna sono altre le immagini che ci si presentano alla mente: i portici e la cucina (poi ci sarebbero le torri, ma molte attualmente sono distrutte o comunque poco visibili, sicchè caratterizzano meno il panorama cittadino, salvo, beninteso le famosissime Due Torri).

I magnifici portici di Bologna



Oggi finalmente Bologna ha ricevuto anche il riconoscimento UNESCO per i Portici.

Certamente questo aspetto è uno di quelli che più impressionano il visitatore e che caratterizzano la Città ed il carattere stesso dei bolognesi, amanti della comodità, tanto che nel 1288 il Comune di Bologna obbligò per legge a costruire un portico in muratura per ogni abitazione, seguendo dettami tecnici ben precisi: dovevano essere alti e larghi almeno 2,66 metri per permettere il transito di un uomo a cavallo, e i banchi degli artigiani e dei venditori non dovevano impedire il libero passaggio.

La lunghezza dei Portici di Bologna Centro è di circa 40 Km che, assieme a quelli della periferia, compreso quello che dal centro collega il Colle di San Luca senza soluzione di continuità, raggiungono i 50 Km.E’ proprio grazie ai Portici che, come disse Burckardt, geniale storico dell’arte svizzero dell’’800: “Bologna non cessa di impregnare l’occhio”.

Ciò che è più interessante è che l’uso dei portici si è mantenuto a Bologna anche nelle costruzioni moderne, come il cosiddetto “Treno” di 500 metri costruito nel 1962.

Adesso, dopo questo vittorioso inserimento dei Portici nella lista dei  partimoni Unesco, si pensa all’altra candidatura: il riconoscimento della “Cultura gastronomica bolognese”  come patrimonio immateriale dell’Umanità all’UNESCO.


Infatti, quando si pensa a Bologna l’immagine che viene per prima alla mente è quella della succulenta cucina; Tortellini, Tagliatelle, Lasagne, Passatelli, Cotoletta alla Bolognese, oltre naturalmente alla famosissima Mortadella….e chi più ne ha più ne metta.

Lo stesso Artusi, il creatore della cultura gastronomica italiana, che era Romagnolo quindi non proprio partigiano della emiliana …e pontificia Bologna, afferma in proposito: “Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, ché se la merita. È un modo di cucinare un po’ grave, se vogliamo, perché il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre, tanto è vero che colà le longevità di ottanta e novant’anni sono più comuni che altrove”.



Riassunto di cucina Bolognese (Trattoria dal Biassanot)




Il Presidente della Fondazione Fico, prof Andrea Segre, ha recentemente affermato: la cultura gastronomica bolognese è ”un patrimonio culturale così importante che rientra perfettamente nella piramide alimentare mediterranea, che si declina negli alimenti locali”.


Certo oggi bisognerà limitarne le quantità, dimenticandoci i pranzi luculliani offerti, nei secoli XV-XVIII dai Gonfalonieri della Città, allo scadere della loro carica, ma sarà sufficiente rivedere le quantità per poterci godere ancora non solo una delle gioie della vita, ma anche una dimostrazione della cultura di Bologna “la Dotta” senza essere necessariamente anche “la Grassa”, come vuole l’immagine popolare.


Gianluigi Pagano


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