LA CALABRIA. L’ARTE BIANCA IN CALABRIA di Daniela Pennisi (Blog La Boulangerie)
Autrice Daniela Pennisi del blog La Boulangerie
https://www.aifb.it/cibo-e-cultura/gran-tour-italia/calabria/larte-bianca-in-calabria/
La tradizione antica dell’arte bianca in Calabria: la filiera dei cereali e la lievitazione naturale; simbolismi e credenze religiose.
Il pane in Calabria: cultura tradizionale e significati simbolici
Crisci crisci pasta, Comu nostru Signuri nta la fascia
Quantu pani puazzu fhari? Quantu alla famigghia mia ppi la saziari?
E alli povarialli l’aju i dari Ppi quanta sabbia c’è allu mari.
(Cresci pasta Come è cresciuto il nostro Signore nella sua fascia
Quanto pane posso fare? Quanto dovrei farne per saziare la mia famiglia? E anche ai poveri devo darne, Per quanta sabbia c’è sul mare)
Si tratta di una filastrocca popolare, che ci fa capire come il pane abbia un’importanza centrale nella cultura tradizionale della Calabria e rivesta anche significati simbolici. In Calabria il pane si fa principalmente con farine di grano duro, di grano tenero e di grano saraceno, ma in tempi di carestia si potevano utilizzare anche farine d’orzo, avena, miglio o farro, spesso mescolate con lupini, patate, castagne e ghiande. Il pane poteva essere profumato con erbe selvatiche, sesamo o finocchietto.
Il pane in Calabria è impastato secondo le antiche tradizioni
Il pane più comune in Calabria è il pane di grano, o pane casereccio, impastato secondo le antiche tradizioni e conosciuto oggi in tutta Italia. Prodotto con la semola del grano duro coltivato alle pendici dell’Aspromonte e con l’utilizzo di lievito madre, un tempo veniva panificato ogni dieci, dodici giorni a seconda della grandezza del forno e delle necessità della famiglia. Durante la preparazione le massaie recitavano la formula propiziatoria crisci crisci, pasta comu mostru Signuri nta, baciavano le forme di pane e le incidevano con una croce.
Il pane veniva fatto lievitare tutta la notte avvolto in lenzuola di ginestra (tessute cioè con fibre ricavate dalle piante di ginestra Spartium junceum) o coperte di lana. Una ciambella veniva tenuta da parte per tenere vivo il lievito madre. Il pane era poi cotto nel forno alimentato con legna d’ulivo, quercia e calicotome (un’altra varietà di ginestra), che conferiva un aroma particolare al pane. Una parte veniva poi fatta biscottare nel forno in modo da essiccare e non ammuffire; in questo modo quando finiva il pane fresco la famiglia aveva il biscotto in attesa di tornare a panificare. In queste occasioni con i resti della pasta rimasta nella maiddra (la vasca di legno dove veniva impastato il pane) venivano preparate le cudduredde dolci per i bambini, aggiungendo all’impasto olio e zucchero.
I pani tipici di Calabria: ogni paese ha il suo
I pani tipici di Calabria sono molti: si può dire che ogni paese ha il suo. Per esempio in provincia di Reggio Calabria è diffuso il pane ca giuggiulena (con il sesamo). Viene impastato con la farina di grano duro e il lievito madre, poi si aggiungono i semi di sesamo a ricoprire tutta la superficie. Il pane jermanu è un altro pane tipico di Reggio Calabria e contiene farina di segale; ha colore dorato, crosta friabile e croccante e mollica alveolata in maniera irregolare.
Il Pane di Cutro, paese di poco più di diecimila abitanti in provincia di Crotone, si fregia del marchio Deco (Denominazione Comunale di Origine) ed è in predicato per ottenere anche il marchio Dop. Questo pane tradizionale, molto pregiato e ben conosciuto in tutta Italia, viene impastato con lievito madre e tre quarti di semola di grano duro e un quarto di farina di grano tenero e viene cotto rigorosamente in forni di pietra alimentati con legna di faggio. Il colore è dorato; la mollica compatta; la crosta spessa e croccante e ha la caratteristica di rimanere fresco per giorni.
Il pane di Cerchiara di Calabria, in provincia di Cosenza, viene invece impastato con semola di grano duro e crusca e la pezzatura è molto grande: va da due a tre chili e mezzo. La forma è rotonda e ha un particolare rigonfiamento laterale, chiamato rasella, che si ottiene piegando la pasta su se stessa.
Il pane di Pellegrina, frazione del comune di Bagnara Calabra in provincia di Reggio Calabria, è preparato con l’aggiunta di cruschello.
In Calabria il pane riveste molti significati simbolici e religiosi
In Calabria il pane riveste ancor oggi molti significati simbolici e religiosi. Per esempio: il pane si appoggia sul tavolo solo dalla parte piana, poiché la parte convessa rappresenta il volto di Cristo. Il pane rappresenta anche un’offerta per i santi e quindi vengono preparati pani speciali per le varie festività, come quello con i semi di finocchio preparato per l’Immacolata, o il pane di Sant’Antonio.
Un tempo non tutti potevano permettersi il pane fresco ogni giorno, ma durante le feste il pane non poteva mancare in tavola, perché era segno di buon auspicio. Da qui nasce il detto a Natale e a Pasqua persino i morti si scomodano per fare il pane. A Natale nella zona di Cosenza e della Sila si preparava il natalisi, un pane decorato con una croce di pasta, oppure con foglie, uccelli, mani che si stringono in segno di solidarietà. In alcune famiglie si modella un natalisi a forma di bambino, simbolo del Bambinello. Inoltre ogni natalisi viene nominato con il nome di ogni membro della famiglia e la riuscita del pane e la sua bontà sono segno di buon auspicio per tutti. Anche il cullùru (o collàcciu) è un pane tipico natalizio: è composto da due grossi cilindri di pasta intrecciati tra loro e uniti in modo da formare un cerchio, su cui si pone una piccola croce di pasta.
Del periodo pasquale è invece la pitta impiulata, tipica di Paola (Cosenza). È composta da due dischi sottili di pasta farciti con formaggio a fette, uova sode e soppressata, mentre la superfice viene decorata con una croce in pasta e delle foglie di ulivo incrociate. Un tempo veniva preparata per le scampagnate di pasquetta, ma soprattutto per essere donata alle famiglie più sfortunate. La pitta ‘mpigliata, nata anch’essa per il periodo pasquale e natalizio, è oggi disponibile tutto l’anno; si tratta di un pane dolce arrotolato su se stesso, tipico di San Giovanni in Fiore (Cosenza).
In Calabria si prepara anche un pane dedicato ai defunti: è la pitta collura, con un foro al centro e ornata in superficie da decori barocchi.
La pitta: pane calabrese per eccellenza con le sue mille varietà
La pitta è da molti considerato il pane calabrese per eccellenza. Ne esistono molte varietà e il nome deriva dall’uso di spennellare la superfice con acqua od olio (o un’emulsione di entrambi), ovvero pittare.
Nel tempo, e a seconda della località, si sono diffuse diverse versioni della pitta: la pitta china riempita con la frissurata (peperoni e patate); la pitta a riggitana (ripiena di ricotta, salame e uova); la pitta con niepita, che è una sorta di raviolo dolce ripieno di confettura, frutta secca e niepita, una varietà di menta. Quest’ultima è uno dei più tipici dolci pasquali calabresi.
Ci sono poi la pitta di maju, tipica del mese di maggio e profumata con i fiori di sambuco, che fioriscono appunto in questo mese; la pitta cu’ passuli, ripiena di mandorle, uva passa e spezie dolci, tipica di Crotone; la pitta di Catanzaro, un pan focaccia rotondo da riempire con le specialità del territorio.
La lestopitta è invece una sorta di piadina dalle antiche origini, molto simile al pane azzimo mediorientale. Composta da semplici ingredienti come acqua e farina, priva di lieviti, per secoli è stata utilizzata come alternativa al pane. Può essere gustata calda, accompagnata dai salumi, oppure fritta in olio extravergine di oliva per renderla croccante, oppure nella versione dolce con miele, creme e confetture.
Pizzata e crostini: altri pani di Calabria
La pizzata, diffusa nella Comunità Montana della Limina in provincia di Reggio Calabria e a Vibo Valentia, era un tempo considerata il pane dei poveri; oggi invece è molto ricercata anche dai turisti. Ha forma rotonda e viene preparata con farina di mais e lievito madre e aromatizzata con foglie secche di castagno. La crosta è giallo scuro, la mollica è color oro e ha un sapore intenso e gustoso.
I crostini di grano sono tra i più antichi prodotti da forno calabresi e vengono preparati sia con farina di frumento, sia con farina di mais, sia con un mix di farine integrali. Nati come alternativa al pane, possono essere assaporati semplici, accompagnati dai salumi o, secondo la tradizione, ammollati in acqua e poi conditi con olio extravergine di oliva e utilizzati nella classica insalata di pane, pomodoro e Cipolla di Tropea Igp.
Friselle, frese, taralli: pani di Calabria a lunga conservazione
Anche le friselle, o frese, fanno parte dell’antica tradizione calabrese. Dalla forma rotonda simile al tarallo, sono il risultato di una doppia cottura: cotto il primo impasto, vengono tagliate in senso orizzontale e rimesse in forno per farle biscottare lentamente. Questo procedimento le rende croccanti, leggere e… a lunga conservazione. Un tempo erano impastate con farina di frumento per i più ricchi, con farina d’orzo per i meno abbienti e la forma con il foro centrale non era una scelta, ma una necessità nata dall’esigenza di trasportarle e conservarle meglio. Le friselle venivano infatti infilate in una cordicella, a formare una sorta di collana che potesse essere appesa.
I taralli sono ciambelline di pasta al vino. Nati sicuramente in Puglia, si sono poi diffusi in tutto il sud d’Italia, declinati in diverse varietà. In Calabria si preparano i taralli al finocchio, all’anice e al peperoncino spagnolicchio o diavolicchio, che con il suo gusto aromatico e intenso caratterizza molti piatti della cucina calabrese.
Fonti:
https://www.taccuinistorici.it/ita/news/contemporanea/pane/Storia-del-pane-e-della-panificazione.html
http://www.calabriaonline.com/col/tradizione_folclore/tradizioni_natale/pane_natale.php
http://www.portalecalabria.eu/site/enogastronomia/pane/pane.asp
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