La transumanza

La transumanza è la migrazione stagionale e temporanea delle greggi, delle mandrie e dei pastori che si spostano da pascoli situati in zone collinari o montane verso quelli delle pianure e viceversa, percorrendo le vie naturali dei tratturi.

Etimologia

La parola transumanza deriva dal verbo transumare, ossia: attraversare, transitare sul suolo. Il verbo è costituito dall'accostamento del prefisso latino trans che vuol dire: al di là, attraverso, e dalla parola latina humus che vuol dire suolo, terreno.
Transumanza è una voce di origine semitica che indica la trasmigrazione di popoli; si chiarisce con accadico taru (andare attorno, girare, volgersi, andare e tornare), accadico ummanu (popolo, nazione, gente) e il pronome indicativo accadico anaforico ša, aramaico zi (quello).

Terminologia

Per descrivere le due fasi in cui si compiono gli spostamenti che danno luogo alla transumanza si usano i termini di: "monticazione" e "demonticazione".
Con monticazione, parola che deriva dal verbo monticare, s'indica la fase iniziale della transumanza, che si compie nel periodo primaverile, quando avviene il trasferimento degli armenti e dei pastori dalle zone di pianura ai pascoli di alta quota ed ha inizio l'alpeggio.
Con demonticazione si definisce il successivo trasferimento che, nel periodo autunnale, riporta gli animali e i pastori dai pascoli in quota a quelli di pianura nella fase di discesa successiva al periodo estivo dell'alpeggio.

Descrizione

In Italia

Una scena di transumanza nell'antichità
In Italia questa antica usanza prese le mosse principalmente tra l'Abruzzo e il Tavoliere, con diramazioni sia verso il Gargano che verso le Murge, passando per il Molise. Consisteva nel trasportare ("transumare", appunto) gli animali dai monti abruzzesi e molisani, ai ricchi pascoli del Tavoliere e del Gargano. L'importanza economica di questa attività era tale essere gestita da due specifiche istituzioni del Regno di Napoli: la Regia Dogana della Mena delle Pecore di Foggia e la Doganella d'Abruzzo.
A riprova della rilevanza di tale pratica nell'economia e nella società, è stato calcolato che nella metà del XV secolo, non meno di tre milioni di ovini e trentamila pastori percorressero annualmente i tratturi, e che l'impatto che la pastorizia esercitava era tale da fornire sussistenza a metà della popolazione abruzzese, direttamente o indirettamente.  Nel XVII secolo i capi coinvolti erano circa cinque milioni e mezzo.
Questo trasferimento avveniva alla fine della stagione calda, per andare in cerca di zone adatte a passare l'inverno con il bestiame e dove poter trovare dei pascoli in grado di sfamare le enormi greggi. All'inizio di una nuova stagione calda, si transumava nuovamente verso i pascoli più freschi del Molise e dell'Abruzzo, prendendo il nome di monticazione.
Tutto ciò avveniva tramite dei sentieri detti tratturi. Il viaggio durava giorni e si effettuavano soste in luoghi prestabiliti, noti come "stazioni di posta".

Storia e attualità

Tale usanza nei secoli scorsi condizionava pesantemente la vita del pastore, che non poteva contare sulla presenza delle strutture tipiche dell'allevamento moderno, quali la stalla e gli impianti di foraggiatura, mungitura e refrigerazione del latte.
Al giorno d'oggi è praticata, sia pure in scala ridotta, soltanto in limitate zone italiane, specialmente in alcune località alpine e prealpine della Valle d'Aosta, del Piemonte, della Svizzera italiana, dell'Altopiano di Asiago, della Lessinia, dell'Alto Adige e della Carnia, in altre appenniniche del Molise, dell'Abruzzo (principalmente verso il Tavoliere), della Puglia e del Lazio, nonché in Sardegna dai pastori di Villagrande e Arzana.
Transumanza di bovini a Bocchetto di Sessera, in Piemonte
Il termine "transumanza" viene riferito anche ai bovini. Il trasferimento degli animali avviene oggi spesso utilizzando appositi camion, almeno là dove questo è possibile ed economicamente conveniente.

Letteratura e media

Marco Terenzio Varrone, georgico latino del I secolo a.C., nella sua opera didascalica De re rustica, riferisce: «Itaque greges ovium longe abigintur ex Apulia in Samnium aestivatum…», considerando la transumanza come un fenomeno economico che si incardinava nelle rendite dello stato romano durante il periodo sannitico. Riporta stralci di vita dei pastori sabelli che, con i loro spostamenti, congiungevano distanti pasture e l'obbligo di questi di segnalare le greggi che conducevano al pascolo nei territori pugliesi al fine di corrispondere il tributo, dovuto alle casse di Roma, per fruire dell'attraversamento delle strade pubbliche (calles pubblicae). Narra di guardiani di greggi che migravano, con cadenza stagionale, dalla Daunia e dalla Bruazia trasferendosi nelle aeree del Sannio e della Lucania.
Anche Virgilio, nelle Georgiche, e Plinio il Giovane descrissero pastori che conducevano greggi di pecore in pascoli molto distanti fra loro.
Molti scrittori sono stati in passato ispirati dalla transumanza dei butteri della Maremma e dei pastori dell'Abruzzo. Un ricordo particolare è stato delineato, in tempi più recenti, anche da Gabriele D'Annunzio nella poesia I pastori,in cui si legge:
«Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.»
Un lungo lavoro di ricerca sulle trasformazioni del mondo pastorale transumante è stato svolto dagli antropologi Anna Cavasinni e Fabrizio Franceschelli sul finire degli anni '70. Su questo tema hanno poi realizzato molti documentari per il cinema e la televisione, fra questi il lavoro più importante è "Le vie della lana", serie in quattro puntate per la RAI.

Nella cultura popolare

Un proverbio in patois valdostano definisce la transumanza così: Lé vatse, Sèn Bernar lé prèn é Sèn Métsë lé rèn (in italiano: Le vacche, San Bernardo le prende e San Michele le rende). Le mandrie di bovini salgono infatti agli alpeggi a San Bernardo (15 giugno) e fanno ritorno a valle a San Michele (29 settembre), giorno che in valle d'Aosta è dedicato alla désalpe (altrove denominata disarpa).

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