Padova e i bombardamenti nella Grande Guerra
Per la gran parte dei Padovani la prima
guerra mondiale è un fatto lontanissimo, ormai materia solo per gli
appassionati di storia, da ritrovare in qualche libro, spesso polveroso,
e in qualche film o documentario osservato distrattamente.
Testo a cura di Fabio Bordignon



Invece un legame intenso unisce Padova
con gli avvenimenti della Grande Guerra. La nostra città fu infatti
"capitale al fronte" dopo i fatti di Caporetto; qui, in zona Santa
Croce, e poi nella vicina Abano ebbe sede il Comando Supremo delle Forze
Armate e infine a Villa Giusti alla Mandria fu firmato l'armistizio che
chiuse il terribile conflitto.
Per Padova in quel periodo non ci fu
però solo l'onore di illustri ospiti militari, ma anche un concreto
prezzo civile da pagare. Se qui la linea del fronte non arrivò mai,
arrestando gli austriaci sulla linea del Piave, a Padova giunse una
nuova e terribile, per allora, tecnica di attacco: il bombardamento
aereo. Incursioni dal cielo certamente assai limitate se paragonate a
quelle del secondo conflitto mondiale, ma assolutamente terrorizzanti
proprio perché inedite e in grado di portare, per la prima volta, la
guerra lontano dalla "prima linea" coinvolgendo anche i luoghi
quotidiani della vita civile.
Durante la prima guerra mondiale Padova
subì diciannove bombardamenti che, pur con ridotte capacità distruttive
in senso militare, furono di notevole impatto sulla popolazione civile.
Furono colpiti in vari momenti: il duomo, via Savonarola, la chiesa dei
Carmini, il teatro Verdi, i palazzi comunali. In totale oltre duecento
edifici colpiti, ma il più grave esito di questi raid aerei fu
sicuramente la strage del 11 novembre 1916 presso il bastione della Gatta.
Numerosi sotterranei delle mura
cinquecentesche, infatti, sembrarono allora (e anche, purtroppo, durante
la seconda guerra mondiale) un luogo di sicuro rifugio contro gli
ordigni provenienti dal cielo. L'incursione iniziò verso le 19,30 e fu
breve in senso strettamente bellico, con 12 ordigni sganciati, ma
pesantissima negli effetti. L'allarme giunse solo 15-20 minuti prima e
molti abitanti delle zone attorno a piazza Mazzini accorsero al
"rifugio". Una bomba, forse diretta alla vicina ferrovia, centrò
l'ingresso delle casematte del bastione. Per tragica fatalità i padovani
che qui accorsero si erano stipati proprio in quel punto perché la
parte più interna del bastione era allagata a causa di piogge recenti.
Si contarono novantatre vittime, alcune colpite dalle schegge e molte,
sospinte dallo spostamento d'aria, annegate all'interno del bastione.
Come spesso accade in questi tragici episodi perirono intere famiglie
dai nonni fino ai nipoti, con il 30% delle vittime sotto i sedici anni.
In un' epoca in cui gli attacchi aerei
erano molto discussi e per alcuni addirittura illegittimi proprio per il
rischio a cui sottoponevano i civili, questa strage destò una grande
impressione ed ebbe una risonanza internazionale al punto che la città
di Padova non subì ulteriori incursioni per quasi un anno.
Le esigenze della città moderna
portarono a costruire in quel luogo, pochi anni dopo, nel 1925, uno dei
primi serbatoi dell'acquedotto creando, sulla sommità del bastione e sul
vicino tratto di mura, un giardino pubblico (oggi noto, soprattutto,
per il cinema estivo qui ospitato). Una costruzione a cui fu dato
l'aspetto di una torre cilindrica, ma che alla base nasconde una
cappella votiva circolare. Un luogo della memoria in seguito dimenticato
e oggi ignoto alla gran parte della cittadinanza.
Testo a cura di Fabio Bordignon
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